Il vangelo di Luca al capitolo 24: 35 – 48 ci racconta una
delle prime apparizioni del Signore ai suoi discepoli dopo la sua resurrezione
e non ha difficoltà a riferirci, senza reticenza, la loro naturale diffidenza
su quanto di eclatante stava accadendo: “credevano di vedere un fantasma”. Poi il testo prosegue parlandoci di una
esperienza molto fisica del Risorto: ”Toccatemi e guardate, un fantasma non ha
carne ed ossa, come vedete che ho io” risponde loro il Signore, che chiede loro
anche del cibo…”gli offrirono una porzione di pesce arrostito, egli lo prese e
ne mangiò davanti a loro”. Leggendo questo brano del vangelo mi ha
immediatamente fatto pensare al rifiuto sprezzante degli intellettuali
dell’areopago di Atene alla testimonianza di Paolo su questi fatti, “…su questo
ti sentiremo un’altra volta” e all’analogo rifiuto di tanti intellettuali e
“maîtres à penser” dei nostri tempi che, con arroganza pseudoscientifica
vorrebbero stroncare la storicità e l’autenticità dell’evento della
resurrezione di Cristo “nel suo vero corpo” come dice la liturgia, riducendo il
racconto evangelico ad un mito, a un autoconvincimento degli Apostoli o a
vecchie teorie del passato. Anzi oggi
esiste poi una vera e propria lobby a livello mondiale contro il cristianesimo
e la divinità di Cristo, la cui origine non è facile da individuare, ma che si
serve di ingenti possibilità finanziare per campagne di stampa multimediali,
per lanci editoriali a livello planetario, come è stato qualche tempo fa il
“Codice da Vinci” di D. Brown, “Il Santo Graal” di Baigent , Leigh e
Lincoln e altre pubblicazioni simili
fino ad opere più domestiche come il Cristo di Augias. Più recentemente, anche un professore
dell’università di Firenze sosteneva la solita teoria
negazionista, cioè che la resurrezione fu un fenomeno di visoni e di
rielaborazione del lutto per la passione e morte del Cristo, ma le narrazioni
evangeliche raccontano tutta un’altra storia. I discepoli di fronte alla
cattura e alla morte di Cristo non solo scapparono per paura di essere
coinvolti, ma i vangeli ci dicono chiaramente che essi non pensavano
minimamente ad una possibile resurrezione, benché il Cristo lo avesse loro predetto,
furono al contrario i suoi avversari del Sinedrio ad aver ben capito bene le
parole del Cristo e immaginando che i discepoli avrebbero tentato di sottrarre
il corpo per poter poi dire che era risorto, misero dei soldati a guardia del
sepolcro fino al termine dei tre giorni predetti. La convinzione generale dei discepoli che tutto fosse ormai finito e che la vicenda
di Gesù si fosse ormai conclusa è manifestata dal comportamento dei due
discepoli di Emmaus che ritornavano a casa, alle loro famiglie, convinti che
con la morte di Gesù tutto fosse finito e che avevano solo perso tre anni della
loro vita dietro ad uno dei tanti messia che di tanto in tanto apparivano nella
terra di Israele. Una enorme delusione per tutti, altro che elaborazione del
lutto, da buoni ebrei avevano creduto che il Messia, identificato in Gesù
sarebbe stato un trionfatore, che avrebbe liberato il Paese dai romani, invece
Gesù era morto con una morte infamante, riservata agli assassini (latrones) e
ai peggiori delinquenti. Inoltre, quando
le donne vennero a dire ad alcuni di loro che avevano visto Gesù ancora vivo,
le presero per ubriache e non credettero minimamente a loro e questo la dice
lunga. Tutte queste teorie negazioniste si
muovono su diversi livelli mediali, come romanzi, saggi storici e fantastorici,
testi divulgativi, conferenze televisive e hanno tutte in comune un attacco
concentrico alla resurrezione di Cristo, sempre negata con i soliti argomenti o
con il racconto di una fantasiosa sottrazione del Cristo alla sua condanna a
morte. Questa sarebbe stata evitata con
una sostituzione all’ultimo momento con un’altra persona, come già raccontavano
gli gnostici di altri tempi. Se il
Cristo non fosse morto, è la loro tesi sottesa, naturalmente non sarebbe potuto
risorgere. Ci hanno provato recentemente
anche con false scoperte archeologiche, si parlava di una tomba di un certo
Gesù fratello di Giacomo, trovata in un ossario di Gerusalemme, risultata poi
una truffa di un abile falsario. Questi scrittori e chi manovra queste
operazioni messe in atto per screditare il cristianesimo hanno capito, molto
meglio di molti credenti, che l’evento centrale della fede cristiana è la
resurrezione reale e fisica del Cristo, per cui se riuscissero a demolirla
avrebbero demolito di conseguenza il cristianesimo nella sua interezza. Del resto lo aveva detto chiaramente anche
San Paolo: "Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra
predicazione, vuota anche la vostra fede" (1 Corinzi 15,14.). Ma il Cristo “è veramente risorto nel suo
vero corpo” come predica e testimonia la Chiesa fin dall’inizio e come farà
fino alla fine dei tempi. La
Risurrezione di Cristo è un evento straordinario, originale, irripetibile,
unico nella storia umana. È il dato fondante del cristianesimo. Quando Tommaso tocca il corpo di Cristo e non
ha più dubbi sulla sua resurrezione fisica ha contemporaneamente la
consapevolezza che quell’uomo è veramente, come aveva a suo tempo confessato
Pietro, il “Dio con Noi” e gli esplode dal cuore e dalla mente l’espressione
“Signore mio e mio Dio”. La resurrezione era il sigillo posto da Dio su quanto
quell’uomo aveva detto di se stesso.
Scriveva il Card. Biffi che “a dare il primo impulso alla storia
cristiana …… c’è un fatto”, “solo la saldezza del fatto di ciò che avvenne
poteva supportare un ritorno … di colui che… era stato sconfitto, umiliato,
annientato fino …alla morte di croce… Solo un ritorno fisico palpabile del
corpo vivo poteva vincere il trauma di quel cadavere”. Del resto, come fa notare anche Vittorio
Messori in un suo saggio sulla
Resurrezione, “per nessun ebreo una resurrezione senza corpo era addirittura
impensabile”. Un ebreo infatti non era
un greco per cui la sola immortalità possibile è quella dell’anima , per la
cultura ebraica un uomo è una realtà unica di corpo e di spirito e una
resurrezione o una vita eterna è pensabile solo se l’uomo rivive nella sua
integrità fisica e spirituale. Per
questo, gli Apostoli pur vedendo il Cristo vivo e credendolo dapprima un fantasma, cioè un’apparizione senza corpo,
non potevano credere alla sua reale resurrezione, tanto che Gesù dovette
mangiare con loro per convincerli. In
questa ottica possiamo capire perché Tommaso chiede di poter toccare il corpo
di Cristo per poter credere. Utile a
comprendere ed accettare l’evento straordinario della resurrezione è anche
quanto narrato dal vangelo di Giovanni.
Dopo che Maria di Magdala e le altre donne arrivano trafelate per
l’emozione a raccontare ai discepoli che hanno visto il Signore nuovamente
vivo, Pietro e lo stesso apostolo che racconta il fatto, ancora scettici, si
dirigono verso il sepolcro vuoto.
Giovanni appena entrato dopo Pietro, narra il testo (Gv 20, 8),“vide e
credette” (εἶδεν καὶ ἐπίστευσεν). Cosa
vide per giustificare il repentino cambio di opinione ? Il sepolcro vuoto
avrebbe potuto avere di per se anche altre spiegazioni oltre alla resurrezione
raccontata dalle donne a cui avevano dato scarsissimo credito, ma Giovanni vide
qualcos’altro che lo convinse immediatamente che il Cristo fosse realmente
risorto. La spiegazione viene dall’esame
attento delle parole greche con cui nel testo originario viene raccontato il
fatto. Le traduzioni attuali del brano di Giovanni non colgono appieno il senso
reale del racconto originale fatto dallo stesso apostolo che visse l’evento.
Il giornalista Messori riferisce di uno
studioso, don Antonio Persili, che ha indagato sulle poche parole greche con
cui si descrive quanto l’apostolo vide all’interno del sepolcro vuoto e sulle
pratiche ebraiche di sepoltura ben conosciute dai due notabili Giuseppe
d’Arimatea e Nicodemo che si occuparono di deporre nel sepolcro il corpo di
Cristo crocefisso. Le prescrizioni della legge ebraica imponevano l’uso di
seppellire il defunto per morte violenta con il “sangue di vita” senza
detergerlo, perché per la cultura ebraica il sangue rappresenta la vita dell’
uomo e doveva essere conservato, tanto che la legge imponeva di seppellire
anche le zolle su cui il sangue era caduto. Il corpo di Cristo fu dunque
avvolto in una tela (σινδών [sindon]) di lino per conservarne il sangue e
legato con fasce dello stesso tessuto (ὀθόνια [othònia]). Sulla sindone fu versato una buona quantità
di aromi, mirra e aloe. Un’ulteriore tela fu posta sul capo ricoperta ugualmente
di aromi. Riferendosi al testo originario del racconto evangelico è da notare
come la traduzione della bibbia CEI sia inesatta in quanto dice che Giovanni
vide le fasce “per terra”, mentre, nota il Persili, il testo dice che le
“othònia”( ὀθόνια [le bende]) erano “Keimena”( κείμενα), participio del verbo
“keimai”( κείμαι) che significa giacere
disteso, orizzontale. Giovanni vuole dirci che vide le fasce distese,
abbassate, nello stesso posto dove era precedentemente il corpo di Gesù. “ta
othònia Keimena”( τὰ ὀθόνια κείμενα), cioè “fasce distese” non manomesse e non
disciolte, come se il corpo, prima avvolto fosse evaporato. Se fosse stato
asportato o rianimato non sarebbe potuto uscire dalle bende senza in qualche
modo manometterle. Il Persili fa un’altra
osservazione riguardo al sudario posto sul capo di Gesù per raccogliere il
sangue copioso a causa della corona di spine.
IL testo greco descrive il sudario visto da Giovanni “allà choris entetyligménon” (ἀλλὰ χωρὶς ἐντετυλιγμένον),
tradotto dal testo CEI “ma piegato a parte”, ma il participio “entetyligménon”
(ἐντετυλιγμένον )del verbo “entylìsso”( ἐντυλίσσω) significa più
esattamente “avvolto”, “choris” (χωρὶς)
è un avverbio che significa sia in disparte che differentemente e al
contrario”, “allà”( ἀλλὰ [ma]) si contrappone a “choris” (χωρὶς) per indicare che il sudario si trovava in una
posizione diversa dalle bende distese: “ma al contrario avvolto”. Il testo
continua indicando che il sudario era “eis éna topòn” (εἰς ἕνα τόπον), tradotto
dal testo CEI “in un luogo a parte”, mentre il Persili propone una traduzione
alternativa al vocabolo “tòpos” (τόπος), suffragata dal dizionario, con
“posizione” al posto di “luogo”. Per cui il sudario non era in un luogo diverso
dalla pietra sepolcrale, come se fosse stato buttato, ma la preposizione “eis”
(εἰς) nel greco neotestamentario ha già il significato di “unico” poi unita al
numerale “éna”( ἕνα) ci dice che lo scrittore sacro voleva indicarci che il
sudario era in una posizione unica, inusuale rispetto alle bende, non era
disteso come quelle, ma rialzato, avvolto, come se avvolgesse ancora il volto
di Cristo anche se ora non avvolge più nulla. Il corpo di Gesù, pur essendo
fatto di materia, in quanto è stato toccato, ha mangiato e bevuto con gli
apostoli, era anche diverso poiché entra ed esce a porte chiuse, attraversa la
materia. Così è successo per la resurrezione, il suo corpo è passato attraverso
le bende che si sono afflosciate nella posizione in cui era stato posto il
corpo sepolto. Giovanni vede questo, capisce subito, ricorda le parole di Gesù
e crede. Scrive il filosofo e teologo Kierkegaard : “il cristianesimo non è una dottrina ma una comunicazione di
esistenza”. I Vangeli sottolineano proprio
il fatto che gli apostoli e le donne che seguivano Gesù in un primo momento non
riconobbero il Signore pur essendo vissuti con lui tanto tempo, il suo corpo,
pur essendo il suo “vero corpo” è ormai il corpo di una nuova creazione.
Infatti dice Paolo nella prima lettera ai Corinzi che “Cristo è stato
risuscitato dai morti ed è la primizia di coloro che dormono”, primizia dei
“cieli nuovi e terra nuova” preannunciati dal profeta Isaia (Isaia 65,17) e
dall’Apocalisse di Giovanni (Ap 21,1). Il
corpo di Cristo che gli apostoli vedono e toccano è un corpo che non può essere
più riconoscibile al solo sguardo fisico, ma necessita di una capacità di
visione più profonda che solo il Risorto può dare. Ci troviamo in una
situazione di mistero, di conoscenza altra, capace di superare la realtà
fenomenologica per sconfinare nella fede.
Solo un’attitudine mentale aperta al mistero è in grado di poter
percepire nella sua totalità questa storia tra fisicità, storicità e mistero. La Risurrezione di Cristo è certamente un
avvenimento storico, anche se “nessuno è stato testimone oculare (del momento)
dell’avvenimento “(CCC, 647), nel senso che è un fatto realmente avvenuto nella
storia umana ed è sostenuto da testimonianze storicamente certe di persone che
lo hanno visto nuovamente vivo , lo hanno toccato, hanno parlato con lui e, per
riprendere Paolo, “hanno mangiato e bevuto con lui”, aggiungendo che circa 500
persone che ebbero l’esperienza del Cristo risorto erano ancora vive al tempo
della sua predicazione. Ma la
resurrezione è anche un avvenimento misterioso che ci trascende e supera la
nostra esperienza: è anche un mistero di
Fede. La risurrezione di Gesù poi non è stata un semplice ritorno in vita, ma
ha portato il corpo del Cristo in un dimensione di vita profondamente
nuova che interessa anche noi, la nostra
storia e, leggendo Paolo, l’intera creazione.
Questo avvenimento è stato talmente grande, talmente sconvolgente che ha
cambiato completamente la vita di coloro che lo hanno testimoniato, in
particolare gli stessi Apostoli e Paolo di Tarso. Questo evento straordinario, sotto la spinta
dello Spirito di Dio spinge i discepoli
di Gesù, allora e oggi, nel mondo intero a predicare la buona notizia che la
morte è vinta e che la speranza è il futuro del mondo. La testimonianza degli Apostoli è, fin dal primo momento, una testimonianza
costante e concorde pur se fatta da persone diverse, in luoghi diversi e in
circostanze diverse. E’ in assoluto il
primo annuncio del Cristo al mondo, quello chiamato con termini teologici “kerigma”,
confermato dagli Atti degli Apostoli e da Paolo
che scrive già nel 56 – 57 d.C.:
“Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè
Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è
risuscitato il terzo giorno secondo le Scrittura”. I discepoli , quando ne parlano, non nascondono le difficoltà che hanno avuto
ad accettare un evento così sconvolgente e non dimentichiamo che al momento
della cattura di Gesù erano tutti scappati, delusi e sicuri che l’avventura di
Gesù fosse ormai conclusa tragicamente e definitivamente e che non si
aspettavano certo una risurrezione.
Questi uomini non ci fanno assolutamente pensare che abbiano inventato
questo evento che ha dato loro una forza interiore tale da superare ogni paura fino
a testimoniare un fatto così straordinario e incredibile con la loro stessa
vita. Tutti muoiono martiri, cioè testimoni, per il Signore Risorto e nessuno
al mondo darebbe la vita per una
menzogna.
Il significato per il nostro tempo della risurrezione del
Signore è stato ben riassunto dal Papa Benedetto XVI nel messaggio “Urbi et
Orbi” della Pasqua del 2009: questo evento, soprattutto oggi ”illumina le zone
buie del mondo in cui viviamo”. Il Papa
si riferisce “particolarmente al materialismo e al nichilismo, a quella visione
del mondo che non sa trascendere ciò che è sperimentalmente constatabile, e
ripiega sconsolata in un sentimento del nulla che sarebbe il definitivo approdo
dell’esistenza umana. ….Se togliamo Cristo e la sua risurrezione, non c’è
scampo per l’uomo e ogni sua speranza rimane un’illusione”. Invece Cristo è veramente risorto e “non è più il nulla che avvolge ogni cosa, ma
la presenza amorosa di Dio”.
Enrico Pierosara