martedì 19 gennaio 2021

LE ORDINAZIONI ANGLICANE

Il papa Leone XIII, con la bolla "Apostolicae Curae"  del 13 settembre 1986 dichiarò che le ordinazioni anglicane, fino ad allora, non erano valide. Già dal 1555, Paolo IV con la bolla “Praeclara carissimi” e con il Breve “Regimini universalis” aveva dichiarato nulli gli ordini conferiti secondo l’Ordinale edoardiano.  Alle stesse conclusioni era pervenuta anche la Chiesa Ortodossa russa: nel 1886 ci fu un incontro tra anglicani e alcuni vescovi russi, gli anglicani chiesero la reciprocità nel riconoscimento della validità delle rispettive ordinazioni, non se ne fece nulla, gli ortodossi non andarono oltre la semplice cortesia.

Durante il regno di Enrico VIII, una volta consumata la separazione da Roma, i vescovi continuarono ad essere ordinati validamente, ma con l'avvento del successore Edoardo VI la Chiesa di Inghilterra recepisce molte dottrine luterane, anche ad opera dell'arcivescovo Crammer, validamente ordinato. Crammer, alla morte del re abolisce il Pontificale Romano ed il Messale, sostituendolo con un "Officio di comunione" e con un "Ordinale" pieno di testi provenienti dalla Riforma e di altri del tutto nuovi, che poi nel 1552 modifica nuovamente in senso maggiormente "riformato".  Crammer aveva in mente di escludere dalla nuova liturgia qualunque riferimento al concetto di sacrificio e di sacerdozio. Nel nuovo Ordinale non si accenna quale potestà viene conferita con l'Ordine sacro, in particolare al potere di consacrare e di offrire il sacrificio a Dio, sono inoltre omesse le unzioni ed è omessa la "traditio instrumentorum" (messale, calice, patena, ecc). La preghiera di consacrazione viene abbreviata in questi termini: “Ricevi lo Spirito Santo. I peccati che rimetterai saranno rimessi, quelli che riterrai saranno ritenuti. Sii fedele dispensatore della parola di Dio e dei suoi santi sacramenti” ed è separata dalla imposizione delle mani. Con questo Ordinale vengono consacrati 6 vescovi. Con l'avvento di Elisabetta I, la Chiesa di Inghilterra assume nel rito altri aspetti di origine protestante. Elisabetta scelse per la sede primaziale di Canterbury il suo cappellano Matteo Parker, ma nessun vescovo validamente ordinato voleva consacrarlo. Fu ordinato da tre  vescovi ordinati con l'Ordinale di Crammer, uno di questi Barlow non si è certi che fosse stato ordinato vescovo in un qualche modo, mancando ogni documento a riguardo.  Per l'ordinazione fu utilizzata questa formula " «Accipe Spiritum Sanctum ac memento ut exsuscites gratiam Dei, quae in te est per.......... Non enim dedit nobis Deus spiritum timoris, sed virtutis et caritatis et sobrietatis. ...  "  ((Ricevi lo Spirito Santo e ricorda di suscitare la grazia di Dio che è in te per……….  Infatti Dio non ci ha dato uno spirito di paura, ma di virtù, carità et sobrietà), in cui non si parla dell'ufficio episcopale.  Nel 1662, gli anglicani dubitando loro stessi della validità delle loro ordinazioni aggiunsero nella formula di ordinazione espressa nell'ordinale " Accipe Spiritum Sanctum in officium et opus Episcopi in Ecclesia Dei " (Ricevi li Spirito Santo per l’ufficio e la funzione del Vescovo).   Se questa formula può considerarsi accettabile  questo avveniva però dopo 103 anni dalla consacrazione di Parker e in quel tempo non esistevano più vescovi validamente ordinati, con la conseguenza che la successione apostolica era stata interrotta.  Ci sarebbe poi da parlare dell'intenzione dei consacrandi di fare quello che fa la Chiesa, nel conferimento dell'ordine.     Riporto alcuni scritti di ecclesiastici anglicani di vari periodi storici, a partire dallo scisma da Roma, che spiegano bene come intendevano il loro status di ordinati: questi non avrebbero mai inteso ricevere e trasmettere l’ordine sacro così come creduto dalla Chiesa Cattolica, dalle Chiese Ortodosse e come inteso prima della Riforma.  Il vicario di Exton (anglicano), infatti, nell’«Echo» scriveva: «Noi non crediamo vi siano Ordini nel senso cattolico e consideriamo l’imposizione delle mani come una semplice e formale ammissione nel ministero di una denominazione qualunque. Nella Chiesa episcopale (anglicana) noi riceviamo l’ufficio di ministrare al popolo dall’ufficiale capo, il vescovo… Nella nostra Chiesa non esistono né vescovi, né sacerdoti, né sacrifici… Noi siamo soltanto ministri, come i nostri fratelli delle Chiese dissidenti (i protestanti)».   «Con la riforma – scrive un altro ministro anglicano su «The Rock» -  i capi della Chiesa d’Inghilterra si separarono deliberatamente ed effettivamente dalla Chiesa di Roma, ripudiando il suo insegnamento sul sacerdozio e sull’episcopato, e perciò non ebbero mai, nell’ordinare, alcuna intenzione di conferire il sacerdozio, considerando il “sacerdotalismo” come ingiuria al sacerdozio di Cristo…».   E il vescovo anglicano di Liverpool, Dr. Ryle: «L’ecclesiastico della Chiesa romana è un vero prete, il cui principale ufficio è di offrire il sacrificio della Messa; per contro, l’ecclesiastico anglicano in nessun modo è prete: sebbene sia così chiamato, egli è soltanto un presbitero».  L’arcidiacono di Liverpool, Dr. Taylor, aggiungeva: «È un fatto storico che dall’”Ordinale” del 1550 non solo fu esclusa per l’ordinazione la formula sacrificante “accipe potestatem offerre sacrificium”, ma altresì ogni traccia dell’idea di sacrificio e di sacerdozio; è vero che vi è conservata la parola “prete”, ma le funzioni e le manifestazioni proprie del prete sono svanite».   Stando così le cose, nell’ordinazione anglicana, manca la forma e l’intenzione di conferire il diaconato, il presbiterato e l’episcopato così come inteso dalla Chiesa Universale.   Questo si capì da subito: quando il Card. Polo, legato papale in Inghilterra, al tempo della Regina Maria (nel breve ripristino della comunione con Roma; Maria era cattolica) tentò di riordinare le diocesi inglesi, stabilì, con l’approvazione del Papa Paolo IV, che i vescovi venissero riordinati, perché «non servata forma et intentione Ecclesiae».   Sant’Agostino aveva scritto che “La Chiesa dei battezzati è il mistero- .... di Cristo, presente nella Chiesa attraverso l'intenzione del ministro...”.

Dal 1887 si intensificarono i rapporti con i vecchi cattolici fino ad entrare in reciproca comunione e alcuni vescovi furono ordinati tali da vescovi veterocattolici che hanno la successione apostolica.  Altri ancora furono ordinati da vescovi ortodossi.  Gran parte sono stati ordinati all'interno della Chiesa d'Inghilterra,  Tutto questo fa in modo che non si possa dire che la validità delle attuali ordinazioni anglicane si sia ristabilita, per cui i vescovi che aderiscono alla Chiesa Cattolica, (come i primi tre che sono entrati nel nuovo Ordinariato Personale di Nostra Signora di Walsingham) o presbiteri anglicani, sono riordinati sacerdoti "sub conditione", naturalmente a partire dal diaconato.   Essi sono coscienti del dubbio della loro ordinazione e con molta umiltà (assolutamente encomiabile) chiedono alla Chiesa che l'ordinazione sia reiterata.   Certo che se la loro prima ordinazione fosse valida, la nuova non avrebbe efficacia; questo spiega anche perché ai vescovi anglicani che entrano nella Chiesa cattolica e sono riordinati presbiteri, la Santa Sede concede di poter conservare le insegne episcopali, croce pettorale, mitra e pastorale.

Enrico Pierosara

 

domenica 10 gennaio 2021

FESTA DEL BATTESIMO DEL SIGNORE

Nella messa di questa festa liturgica, il vangelo di Marco (Mc 1,7-11)  ci racconta, con la consueta sobrietà di questo evangelista, l’evento del battesimo di Gesù presso il fiume Giordano.

Mi soffermo su una sola frase “E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli…”. I cieli in questo contesto non sono il cielo che ci sovrasta con le nuvole, le stelle, il sole e la luna, ma i cieli, definizione impropria a causa della povertà della nostra lingua, è “la dimora di Dio”, come leggiamo in molti testi biblici (Sal 33,13-14; 102,20; Is 63,15; Es 9,29; 2 Cr 30,27; At 7,49).   Ho citato solo alcuni esempi, ma nel Nuovo testamento ci sono tantissime citazioni sui cieli come “luogo del divino”, basta solo ricordare l’inizio della preghiera che ci ha insegnato Gesù: “Padre nostro che sei nei cieli”.

Ebbene, i cieli si erano chiusi all’uomo con la ribellione di Adamo, la relazione diretta con Dio era cessata.  Solo Dio poteva riaprire i cieli, dimora suprema di ogni aspirazione assoluta, all’uomo. Il profeta Isaia infatti invocava “stillate dall'alto, o cieli,… le nubi piovano il Giusto” (Is. 45,8).  Ecco che con l’incarnazione di Cristo questo è stato possibile, i cieli si sono addirittura “squarciati”, per usare il termine evangelico.  Grazie a Cristo, Dio con noi, al nostro battesimo che ci fa uno con Cristo e figli di Dio, la destinazione finale della nostra vita sono nuovamente i cieli, il luogo di Dio, il luogo dove potremo appagare i nostri desideri di assoluto. Scrive Paolo nella 1.a lettera ai Corinti (1 Cor. 2: 9) “..sta scritto: Sono cose che l'occhio non vide, l'orecchio non udì, cose che non entrarono mai nel cuore dell'uomo, quelle che Dio ha preparate per coloro che Lo amano. “ Questi sono “i cieli” aperti per noi.

Il battesimo di Cristo ci ricorda naturalmente il nostro battesimo.  Non capiremo mai abbastanza la grandezza, le implicazione legate al battesimo: il battesimo ci conforma a Cristo figlio di Dio, sacerdote eterno ed unico, re dell’universo e noi siamo speculari a Lui, siamo parte di Lui….Cristo ci ha detto “Io sono la vite, voi i tralci” (Gv. 15, 5)…Noi che viviamo in un ambiente ancora in parte rurale conosciamo la vite…il tralcio non è nulla senza la vite, potato, staccato dalla vite non è nulla, ma se è attaccato alla vite costituisce un tutt’uno con la pianta …è la vite, pianta e tralci.  Così è il nostro rapporto con Cristo, il battesimo ci ha reso quasi un altro Cristo…siamo come Lui “sacerdoti e re e profeti”, in che modo?   Noi per il battesimo che ci da un legame vitale, un solo corpo con Cristo, partecipiamo al sacerdozio di Lui unico ed eterno sacerdote….( lettera agli Ebrei, Cristo sommo sacerdote che offre se stesso in sacrificio), insieme a Lui ogn’uno di noi celebra nella Messa l’unica  liturgia, memoria viva della sua morte e resurrezione.  Il sacerdote che presiede la S. Liturgia, per il suo ministero dà a Cristo la sua persona e la sua parola, infatti ”in persona Christi” rinnova il mistero del Corpo e Sangue di Cristo, ma quando offre al Padre questo corpo e questo sangue per noi e per tutti, quando ringrazia Dio per ogni cosa, per ogni dono (questo vuol dire Eucaristia) lo fa non solo per noi, ma insieme a noi, usa infatti sempre il plurale.  Ogni preghiera, lode, offerta, ringraziamento, la facciamo, grazie al battesimo, sempre uniti a Cristo, come sacerdoti partecipi del suo sacerdozio, con Lui, in Lui e per mezzo di Lui. 

La terra ed il cielo e tutta la creazione lodano il Signore dice il salmista, lo lodano le acque, il sole, la luna, l’aria, il vento, ogni cosa della natura, ma lo lodano inconsapevolmente, come inconsapevolmente sono traccia della sua bellezza. Noi sacerdoti, per il battesimo siamo per ogni creatura ponte tra il cielo e la terra, in grado di portare a Dio la lode dell’intera creazione. Il Creatore ci ha fatti Signori della natura, Cristo unendoci a se ci ha fatto in sovrappiù sacerdoti, “pontefici” ponti tra la natura ed il Creatore. Noi che siamo materia spirituale e grazie a Cristo siamo anche partecipi della natura divina, siamo la voce cosciente di tutto il creato, portiamo al Signore la lode, l’amore, l’adorazione, il ringraziamento di ogni cosa, per la vita, per la bellezza per le finalità profonde ed ancora insondate di tutta la natura.  Isaia scrive quanto ho parafrasato: “ Mi glorificheranno le bestie selvatiche, sciacalli e struzzi, perché avrò fornito acqua al deserto, fiumi alla steppa, per dissetare il mio popolo, il mio eletto.  Il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi.” Is 43, 20-21).  Questo è anche possibile in quanto, uniti a Cristo Signore e Re dell’Universo, partecipiamo fin d’ora della Sua regalità universale.   Scrivendo questo, mi viene in mente la bellissima vetrata della chiesa di san Giuseppe lavoratore a Fabriano che raffigura il Cristo risorto circondato dal tripudio di tutta la creazione, il mondo visibile e l’invisibile in festa che Cristo ricapitola tutto in se.   Nella preghiera pasquale “Regina Coeli” diciamo  “O Dio che per la resurrezione del tuo Figlio il Signore nostro Gesù Cristo hai rallegrato il mondo intero…”    Con il Risorto ci siamo anche noi che oggi, grazie al battesimo, possiamo comprendere e testimoniare al mondo questa gioia profonda che pervade tutta la creazione.  Anche questo è partecipazione al mistero di Cristo. Capite dunque come vivere in comunione con Cristo significhi per un cristiano una espansione impensata anche della propria umanità.   Dice il salmista al Salmo 82, 6,   versetto  che è ricordato anche  nel capitolo 34 del Vangelo in Giovanni:  “Io ho detto: «Voi siete dei, siete tutti figli dell'Altissimo».   Gli fa eco il papa san Leone Magno che scrive: “ agnosce, christiane, dignitatem tuam,  riconosci, cristiano la tua dignità”, la tua grandezza.

E’ un sogno dell’uomo ?   Un’aspirazione consolatoria che ci ripaga di tanti problemi della vita?  No.  E’ fiducia nelle parole di Cristo, fondata sulla realtà della sua resurrezione (se Cristo non fosse risorto, dice Paolo, allora si che saremmo stati degli illusi), fondata sulle parole dei Santi Apostoli che hanno testimoniato con la vita quanto hanno trasmesso: questa è la nostra fede, la nostra speranza.

Enrico Pierosara