mercoledì 6 maggio 2020

IL SIGNORE E’ VERAMENTE RISORTO


Il vangelo di Luca al capitolo 24: 35 – 48 ci racconta una delle prime apparizioni del Signore ai suoi discepoli dopo la sua resurrezione e non ha difficoltà a riferirci, senza reticenza, la loro naturale diffidenza su quanto di eclatante stava accadendo: “credevano di vedere un fantasma”.  Poi il testo prosegue parlandoci di una esperienza molto fisica del Risorto: ”Toccatemi e guardate, un fantasma non ha carne ed ossa, come vedete che ho io” risponde loro il Signore, che chiede loro anche del cibo…”gli offrirono una porzione di pesce arrostito, egli lo prese e ne mangiò davanti a loro”.   Leggendo questo brano del vangelo mi ha immediatamente fatto pensare al rifiuto sprezzante degli intellettuali dell’areopago di Atene alla testimonianza di Paolo su questi fatti, “…su questo ti sentiremo un’altra volta” e all’analogo rifiuto di tanti intellettuali e “maîtres à penser” dei nostri tempi che, con arroganza pseudoscientifica vorrebbero stroncare la storicità e l’autenticità dell’evento della resurrezione di Cristo “nel suo vero corpo” come dice la liturgia, riducendo il racconto evangelico ad un mito, a un autoconvincimento degli Apostoli o a vecchie teorie del passato.   Anzi oggi esiste poi una vera e propria lobby a livello mondiale contro il cristianesimo e la divinità di Cristo, la cui origine non è facile da individuare, ma che si serve di ingenti possibilità finanziare per campagne di stampa multimediali, per lanci editoriali a livello planetario, come è stato qualche tempo fa il “Codice da Vinci” di D. Brown, “Il Santo Graal” di Baigent , Leigh e Lincoln  e altre pubblicazioni simili fino ad opere più domestiche come il Cristo di Augias.  Più recentemente, anche un professore dell’università di Firenze sosteneva la solita teoria negazionista, cioè che la resurrezione fu un fenomeno di visoni e di rielaborazione del lutto per la passione e morte del Cristo, ma le narrazioni evangeliche raccontano tutta un’altra storia. I discepoli di fronte alla cattura e alla morte di Cristo non solo scapparono per paura di essere coinvolti, ma i vangeli ci dicono chiaramente che essi non pensavano minimamente ad una possibile resurrezione, benché il Cristo lo avesse loro predetto, furono al contrario i suoi avversari del Sinedrio ad aver ben capito bene le parole del Cristo e immaginando che i discepoli avrebbero tentato di sottrarre il corpo per poter poi dire che era risorto, misero dei soldati a guardia del sepolcro fino al termine dei tre giorni predetti.  La convinzione generale dei discepoli  che tutto fosse ormai finito e che la vicenda di Gesù si fosse ormai conclusa è manifestata dal comportamento dei due discepoli di Emmaus che ritornavano a casa, alle loro famiglie, convinti che con la morte di Gesù tutto fosse finito e che avevano solo perso tre anni della loro vita dietro ad uno dei tanti messia che di tanto in tanto apparivano nella terra di Israele. Una enorme delusione per tutti, altro che elaborazione del lutto, da buoni ebrei avevano creduto che il Messia, identificato in Gesù sarebbe stato un trionfatore, che avrebbe liberato il Paese dai romani, invece Gesù era morto con una morte infamante, riservata agli assassini (latrones) e ai peggiori delinquenti.  Inoltre, quando le donne vennero a dire ad alcuni di loro che avevano visto Gesù ancora vivo, le presero per ubriache e non credettero minimamente a loro e questo la dice lunga.  Tutte queste teorie negazioniste si muovono su diversi livelli mediali, come romanzi, saggi storici e fantastorici, testi divulgativi, conferenze televisive e hanno tutte in comune un attacco concentrico alla resurrezione di Cristo, sempre negata con i soliti argomenti o con il racconto di una fantasiosa sottrazione del Cristo alla sua condanna a morte.  Questa sarebbe stata evitata con una sostituzione all’ultimo momento con un’altra persona, come già raccontavano gli gnostici di altri tempi.  Se il Cristo non fosse morto, è la loro tesi sottesa, naturalmente non sarebbe potuto risorgere.   Ci hanno provato recentemente anche con false scoperte archeologiche, si parlava di una tomba di un certo Gesù fratello di Giacomo, trovata in un ossario di Gerusalemme, risultata poi una truffa di un abile falsario. Questi scrittori e chi manovra queste operazioni messe in atto per screditare il cristianesimo hanno capito, molto meglio di molti credenti, che l’evento centrale della fede cristiana è la resurrezione reale e fisica del Cristo, per cui se riuscissero a demolirla avrebbero demolito di conseguenza il cristianesimo nella sua interezza.  Del resto lo aveva detto chiaramente anche San Paolo: "Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede" (1 Corinzi 15,14.).   Ma il Cristo “è veramente risorto nel suo vero corpo” come predica e testimonia la Chiesa fin dall’inizio e come farà fino alla fine dei tempi.  La Risurrezione di Cristo è un evento straordinario, originale, irripetibile, unico nella storia umana. È il dato fondante del cristianesimo.  Quando Tommaso tocca il corpo di Cristo e non ha più dubbi sulla sua resurrezione fisica ha contemporaneamente la consapevolezza che quell’uomo è veramente, come aveva a suo tempo confessato Pietro, il “Dio con Noi” e gli esplode dal cuore e dalla mente l’espressione “Signore mio e mio Dio”. La resurrezione era il sigillo posto da Dio su quanto quell’uomo aveva detto di se stesso.   Scriveva il Card. Biffi che “a dare il primo impulso alla storia cristiana …… c’è un fatto”, “solo la saldezza del fatto di ciò che avvenne poteva supportare un ritorno … di colui che… era stato sconfitto, umiliato, annientato fino …alla morte di croce… Solo un ritorno fisico palpabile del corpo vivo poteva vincere il trauma di quel cadavere”.    Del resto, come fa notare anche Vittorio Messori  in un suo saggio sulla Resurrezione, “per nessun ebreo una resurrezione senza corpo era addirittura impensabile”.    Un ebreo infatti non era un greco per cui la sola immortalità possibile è quella dell’anima , per la cultura ebraica un uomo è una realtà unica di corpo e di spirito e una resurrezione o una vita eterna è pensabile solo se l’uomo rivive nella sua integrità fisica e spirituale.    Per questo, gli Apostoli pur vedendo il Cristo vivo e credendolo dapprima  un fantasma, cioè un’apparizione senza corpo, non potevano credere alla sua reale resurrezione, tanto che Gesù dovette mangiare con loro per convincerli.   In questa ottica possiamo capire perché Tommaso chiede di poter toccare il corpo di Cristo per poter credere.  Utile a comprendere ed accettare l’evento straordinario della resurrezione è anche quanto narrato dal vangelo di Giovanni.  Dopo che Maria di Magdala e le altre donne arrivano trafelate per l’emozione a raccontare ai discepoli che hanno visto il Signore nuovamente vivo, Pietro e lo stesso apostolo che racconta il fatto, ancora scettici, si dirigono  verso il sepolcro vuoto. Giovanni appena entrato dopo Pietro, narra il testo (Gv 20, 8),“vide e credette” (εἶδεν καὶ ἐπίστευσεν).  Cosa vide per giustificare il repentino cambio di opinione ? Il sepolcro vuoto avrebbe potuto avere di per se anche altre spiegazioni oltre alla resurrezione raccontata dalle donne a cui avevano dato scarsissimo credito, ma Giovanni vide qualcos’altro che lo convinse immediatamente che il Cristo fosse realmente risorto.  La spiegazione viene dall’esame attento delle parole greche con cui nel testo originario viene raccontato il fatto. Le traduzioni attuali del brano di Giovanni non colgono appieno il senso reale del racconto originale fatto dallo stesso apostolo che visse l’evento. Il  giornalista Messori riferisce di uno studioso, don Antonio Persili, che ha indagato sulle poche parole greche con cui si descrive quanto l’apostolo vide all’interno del sepolcro vuoto e sulle pratiche ebraiche di sepoltura ben conosciute dai due notabili Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo che si occuparono di deporre nel sepolcro il corpo di Cristo crocefisso. Le prescrizioni della legge ebraica imponevano l’uso di seppellire il defunto per morte violenta con il “sangue di vita” senza detergerlo, perché per la cultura ebraica il sangue rappresenta la vita dell’ uomo e doveva essere conservato, tanto che la legge imponeva di seppellire anche le zolle su cui il sangue era caduto. Il corpo di Cristo fu dunque avvolto in una tela (σινδών [sindon]) di lino per conservarne il sangue e legato con fasce dello stesso tessuto (ὀθόνια [othònia]).  Sulla sindone fu versato una buona quantità di aromi, mirra e aloe. Un’ulteriore tela fu posta sul capo ricoperta ugualmente di aromi. Riferendosi al testo originario del racconto evangelico è da notare come la traduzione della bibbia CEI sia inesatta in quanto dice che Giovanni vide le fasce “per terra”, mentre, nota il Persili, il testo dice che le “othònia”( ὀθόνια [le bende]) erano “Keimena”( κείμενα), participio del verbo “keimai”( κείμαι)  che significa giacere disteso, orizzontale. Giovanni vuole dirci che vide le fasce distese, abbassate, nello stesso posto dove era precedentemente il corpo di Gesù. “ta othònia Keimena”( τὰ ὀθόνια κείμενα), cioè “fasce distese” non manomesse e non disciolte, come se il corpo, prima avvolto fosse evaporato. Se fosse stato asportato o rianimato non sarebbe potuto uscire dalle bende senza in qualche modo manometterle.  Il Persili fa un’altra osservazione riguardo al sudario posto sul capo di Gesù per raccogliere il sangue copioso a causa della corona di spine.  IL testo greco descrive il sudario visto da Giovanni  “allà choris entetyligménon” (ἀλλὰ χωρὶς ἐντετυλιγμένον), tradotto dal testo CEI “ma piegato a parte”, ma il participio “entetyligménon” (ἐντετυλιγμένον )del verbo “entylìsso”( ἐντυλίσσω) significa più esattamente  “avvolto”, “choris” (χωρὶς) è un avverbio che significa sia in disparte che differentemente e al contrario”, “allà”( ἀλλὰ [ma]) si contrappone a “choris” (χωρὶς)  per indicare che il sudario si trovava in una posizione diversa dalle bende distese: “ma al contrario avvolto”. Il testo continua indicando che il sudario era “eis éna topòn” (εἰς ἕνα τόπον), tradotto dal testo CEI “in un luogo a parte”, mentre il Persili propone una traduzione alternativa al vocabolo “tòpos” (τόπος), suffragata dal dizionario, con “posizione” al posto di “luogo”. Per cui il sudario non era in un luogo diverso dalla pietra sepolcrale, come se fosse stato buttato, ma la preposizione “eis” (εἰς) nel greco neotestamentario ha già il significato di “unico” poi unita al numerale “éna”( ἕνα) ci dice che lo scrittore sacro voleva indicarci che il sudario era in una posizione unica, inusuale rispetto alle bende, non era disteso come quelle, ma rialzato, avvolto, come se avvolgesse ancora il volto di Cristo anche se ora non avvolge più nulla. Il corpo di Gesù, pur essendo fatto di materia, in quanto è stato toccato, ha mangiato e bevuto con gli apostoli, era anche diverso poiché entra ed esce a porte chiuse, attraversa la materia. Così è successo per la resurrezione, il suo corpo è passato attraverso le bende che si sono afflosciate nella posizione in cui era stato posto il corpo sepolto. Giovanni vede questo, capisce subito, ricorda le parole di Gesù e crede. Scrive il filosofo e teologo Kierkegaard : “il cristianesimo   non è una dottrina ma una comunicazione di esistenza”.  I Vangeli sottolineano proprio il fatto che gli apostoli e le donne che seguivano Gesù in un primo momento non riconobbero il Signore pur essendo vissuti con lui tanto tempo, il suo corpo, pur essendo il suo “vero corpo” è ormai il corpo di una nuova creazione. Infatti dice Paolo nella prima lettera ai Corinzi che “Cristo è stato risuscitato dai morti ed è la primizia di coloro che dormono”, primizia dei “cieli nuovi e terra nuova” preannunciati dal profeta Isaia (Isaia 65,17) e dall’Apocalisse di Giovanni (Ap 21,1).  Il corpo di Cristo che gli apostoli vedono e toccano è un corpo che non può essere più riconoscibile al solo sguardo fisico, ma necessita di una capacità di visione più profonda che solo il Risorto può dare. Ci troviamo in una situazione di mistero, di conoscenza altra, capace di superare la realtà fenomenologica per sconfinare nella fede.  Solo un’attitudine mentale aperta al mistero è in grado di poter percepire nella sua totalità questa storia tra fisicità, storicità e mistero.  La Risurrezione di Cristo è certamente un avvenimento storico, anche se “nessuno è stato testimone oculare (del momento) dell’avvenimento “(CCC, 647), nel senso che è un fatto realmente avvenuto nella storia umana ed è sostenuto da testimonianze storicamente certe di persone che lo hanno visto nuovamente vivo , lo hanno toccato, hanno parlato con lui e, per riprendere Paolo, “hanno mangiato e bevuto con lui”, aggiungendo che circa 500 persone che ebbero l’esperienza del Cristo risorto erano ancora vive al tempo della sua predicazione.  Ma la resurrezione è anche un avvenimento misterioso che ci trascende e supera la nostra esperienza:  è anche un mistero di Fede. La risurrezione di Gesù poi non è stata un semplice ritorno in vita, ma ha portato il corpo del Cristo in un dimensione di vita profondamente nuova  che interessa anche noi, la nostra storia e, leggendo Paolo, l’intera creazione.    Questo avvenimento è stato talmente grande, talmente sconvolgente che ha cambiato completamente la vita di coloro che lo hanno testimoniato, in particolare gli stessi Apostoli e Paolo di Tarso.  Questo evento straordinario, sotto la spinta dello Spirito di Dio  spinge i discepoli di Gesù, allora e oggi, nel mondo intero a predicare la buona notizia che la morte è vinta e che la speranza è il futuro del mondo.   La testimonianza degli Apostoli  è, fin dal primo momento, una testimonianza costante e concorde pur se fatta da persone diverse, in luoghi diversi e in circostanze diverse.   E’ in assoluto il primo annuncio del Cristo al mondo, quello chiamato con termini teologici “kerigma”, confermato dagli Atti degli Apostoli e da Paolo  che  scrive già nel 56 – 57 d.C.: “Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scrittura”.   I discepoli , quando ne parlano,  non nascondono le difficoltà che hanno avuto ad accettare un evento così sconvolgente e non dimentichiamo che al momento della cattura di Gesù erano tutti scappati, delusi e sicuri che l’avventura di Gesù fosse ormai conclusa tragicamente e definitivamente e che non si aspettavano certo una risurrezione.   Questi uomini non ci fanno assolutamente pensare che abbiano inventato questo evento che ha dato loro una forza interiore tale da superare ogni paura fino a testimoniare un fatto così straordinario e incredibile con la loro stessa vita. Tutti muoiono martiri, cioè testimoni, per il Signore Risorto e nessuno al mondo darebbe  la vita per una menzogna.
Il significato per il nostro tempo della risurrezione del Signore è stato ben riassunto dal Papa Benedetto XVI nel messaggio “Urbi et Orbi” della Pasqua del 2009: questo evento, soprattutto oggi ”illumina le zone buie del mondo in cui viviamo”.  Il Papa si riferisce “particolarmente al materialismo e al nichilismo, a quella visione del mondo che non sa trascendere ciò che è sperimentalmente constatabile, e ripiega sconsolata in un sentimento del nulla che sarebbe il definitivo approdo dell’esistenza umana. ….Se togliamo Cristo e la sua risurrezione, non c’è scampo per l’uomo e ogni sua speranza rimane un’illusione”.  Invece Cristo è veramente risorto e  “non è più il nulla che avvolge ogni cosa, ma la presenza amorosa di Dio”.
 
                                                                                                           Enrico Pierosara